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Perturbatori endocrini. La definizione normativa strumentalizza la scienza
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Articolo di Redazione
8 aprile 2017 17:05
 
 In una lettera aperta pubblicata lo scorso 7 aprile, una quindicina di scienziati europei e americani hanno chiesto ai ministri europei della Sanita’, dell’Ambiente e dell’Agricoltura, nonche’ al Commissario europeo alla Salute, che sia approvata una definizione chiara ed indiscutibile dei perturbatori endocrini, quelle sostanze chimiche che interagiscono con il sistema ormonale. Rémy Slama, epidemiologo a l’Institut national de la santé et de la recherche médicale (Inserm) di Grenoble (Francia) e presidente del consiglio scientifico del Programma nazionale francese di ricerca sui perturbatori endocrini, e’ uno di questi firmatari.
D. Lei ha gia’ inviato una lettera aperta a novembre del 2016 agli Stati membri per ricordare l’urgenza di rendere chiara la lista dei perturbatori endocrini, ma senza successo. Perche’ ripropone oggi questa iniziativa?
R. Una nuova tappa della discussione sulla definizione di perturbatori endocrini tra la Commissione europea e gli Stati membri si tiene venerdi’ 7 aprile a Bruxelles. I perturbatori endocrini associano i biocidi (alcuni insetticidi, prodotti per lottare contro i roditori, prodotti per la protezione del legno) e i pesticidi. Il problema e’ che nell’ambito dei precedenti negoziati a febbraio, una clausola e’ stata aggiunta. Essa indica che un biocida che si sarebbe sviluppato per perturbare il sistema ormonale di una specie, non sarebbe classificato come perturbatore endocrino.
E’ come se si domanda agli industriali di sviluppare una sostanza per assorbire l’energia in un frigorifero, e che nel caso essa fosse liberata nell’atmosfera, non sarebbe classificata come gas ad effetto serra, col pretesto che questa proprieta’ la si desidera. Dal punto di vista scientifico, questo non ha alcun senso. Un perturbatore endocrino deve essere definito in funzione della sua azione sulla salute e sul sistema ormonale e non in funzione della finalita’ per la quale esso e’ stato sviluppato. Questa definizione non era stata accettata da una maggioranza degli Stati a febbraio, ma per quanto ne so, essa resta all’ordine del giorno.
D. Come spiegare che nonostante delle molto lunghe discussioni, il 28 Paesi dell’UE non sono sempre d’accordo su una definizione esatta dei perturbatori endocrini?
R. Il processo avrebbe dovuto essere il seguente: all’inizio, si identifica scientificamente il problema, poi si gestisce il problema politicamente. Ma nel caso dei perturbatori endocrini, la logica e’ stata capovolta. Dal 2009, la regolamentazione prevede le modalita’ di gestione di questi pesticidi e il loro divieto se essi contengono delle sostanze cancerogene o dei perturbatori endocrini… ma senza aver fornito la definizione legale di queste sostanze.
D. Perche’ questa assenza di definizione pone il problema?
R. Finche’ non si ha una definizione legale, non si puo’ stilare la lista ufficiale dei perturbatori endocrini. Il lavoro dei comitati di esperti che dovrebbero riorganizzare questi prodotti per favorirne la regolamentazione e, di fatto, complicato. Noi ci diamo da fare semplicemente per ottenere una definizione efficace e la piu’ vicina possibile allo stato della letteratura scientifica. Ritardare queste definizioni e aggiungere delle clausole, e’ strumentalizzare la scienza.
D. Lei deplora la lentezza dei negoziati europei. Tuttavia, l’Europa si e’ interessata da lungo tempo della materia…
R. I primi lavori sui perturbatori endocrini risalgono agli anni 1950 su delle popolazioni di uccelli intorni ai grandi laghi americani. La nozione di perturbatore endocrino con degli effetti sulla fauna e la salute umana, risalgono agli inizi degli anni 1990. L’Unione europea ha reagito molto rapidamente, come gia’ nel 1999, quando ha proposto una strategia sui perturbatori endocrini, poi li ha introdotti nella regolamentazione REACH del 2006 sui rischi legati alle sostanze chimiche. I perturbatori endocrini sono, per loro conto, stati considerati come sostanze ad un livello molto alto di preoccupazione, cosi’ come le sostanze cancerogene.
L’anno 2013 e’ stato la scadenza fissata dalle leggi sui biocidi e i pesticidi per stabilire dei criteri scientifici che definissero i perturbatori endocrini. Niente e’ stato fatto, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha condannato la Commissione europea per mancanza di iniziativa nel 2015. A partire dall’estate del 2016, la Commissione ha proposto una serie di testi che sono dopo evoluti… I criteri scientifici fluttuano nel giro di settimane come i prezzi di un negoziato commerciale!
D. Quali sono veramente i pericoli legati ai perturbatori endocrini per l’organismo? E dove si trovano?
R. I perturbatori endocrini sono sostanze chimiche che alterano il funzionamento del sistema ormonale e inducono effetti sanitari su un organismo o sulla sua discendenza, o a livello della popolazione. Si trovano nei biocidi e pesticidi, quindi nella nostra alimentazione, nell’aria. Essi sono anche presenti in numerosi prodotti di consumo, come gli additivi di materie plastiche, i mobili e il materiale elettronico (e’ il caso dei ritardanti di fiamma).
Degli effetti comprovati sulla salute sono stati dimostrati. Il sistema endocrino ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del feto e poi, nell’adulto, nel mantenimento dei grandi equilibri. Delle perturbazioni in questo sistema possono portare a delle malformazioni congenite, al diabete. Ci sono rischi di cancro al seno o della prostata cosi’ come effetti sulla funziona cardiaca e, notoriamente nel caso di sostanze che perturbano l’asse tiroidea, sul sistema nervoso centrale: dei problemi cognitivi (diminuzione del quoziente intellettivo) o dei turbamenti del comportamento, si possono quindi manifestare.
D. Una volta che una definizione adeguata dei perturbatori endocrini sara’ stata adottata, che cosa succedera’?
R. Le agenzie europee potranno elaborare una lista di pesticidi e di biocidi riconosciuti come perturbatori endocrini da vietare. L’ordine di grandezza e’ molto approssimativo, ma dall’1 al 20% dei pesticidi attuali potrebbero esserne coinvolti, in base alla definizione adottata. Alcuni studi di epidemiologia stimano che il costo economico indotto dalla patologie dovute a queste sostanze chimiche, e’ nell’ordine di 100/200 miliardi di euro ogni anno nell’Unione europea. C’e’ chiaramente un costo sanitario ed economico.

(intervista di Fanny Guiné, pubblicata sul quotidiano le Monde del 08/04/2017)
 
 
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