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Perche' la popolazione cinese non aumentera' con la fine della politica del figlio unico
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Articolo di Redazione
14 ottobre 2016 16:38
 
 La fine della politica del figlio unico permettera' la nascita di 50 milioni di bambini in piu' da qui al 2029. Un cifra insufficiente per far fronte all'invecchiamento accelerato della popolazione cinese. Grazie ad uno studio pubblicato lo scorso 14 ottobre nella rivista medica “The Lancet”, la Cina farebbe meglio a prepararsi in tempo. La politica adottata nel 1979 per contenere la popolazione cinese e facilitare l'aumento della ricchezza incide pesantemente sull'avvenire del Paese.
Lo studio, intitolato “Gli effetti della politica universale dei due figli”, di Therese Hesketh, della College University di Londra, e di Zeng Yi, dell'Universita' di Pechino, stima che l'abolizione della politica del figlio unico permettera' di far crescere di sei anni il picco della popolazione cinese. Con il figlio unico aveva toccato 1,4 miliardi di abitanti nel 2023, prima di cominciare a calare lentamente. Con la politica dei due figli, dovrebbe continuare a crescere fino al 2029 attestandosi su 1,45 miliardi di abitanti. Soprattutto dovrebbe decrescere piu' lentamente: nel 2050, i cinesi dovrebbero essere 1,42 miliardi, rispetto agli 1,27 miliardi se le limitazioni attuali fossero perdurate.
I due autori ricordano anche i dubbi dei loro colleghi demografi dopo il lancio della politica dal presidente dell'epoca, Deng Xiaoping. All'epoca, la Cina esciva dalla Rivoluzione culturale, ultimo aspetto dell'era di Mao, che ha interrotto di portare la Cina nella poverta'. Per i dirigenti cinesi, la popolazione e' vista come un fardello per la crescita. Tra il 1950 e il 1970, la popolazione e' passata da 540 milioni a 800 milioni. La curva e' ripida. Pechino prende le sue prime misure all'inizio degli anni 1970 per “ritardare” il primo figlio. Con successo: il tasso di fertilita' passa da 5,9 figli per donna nel 1970 a 2,9 nel 1979. Ma la Cina vuole andare piu' in la'.
Abbandonare il limite delle nascite
Per alcuni demografi, la politica incentivante sarebbe sufficiente, perche' la transizione demografica cinese va verso la propria fine. Le autorita' rispondono che la loro politica ha permesso di evitare la nascita di 400 milioni di cinesi. I demografi fanno invece la cifra di 200 milioni, considerando un calo naturale della fertilita' cinese via via che il Paese si sviluppava.
Forti di questi dubbi, i demografi cinesi e britannici sono contenti dell'abbandono della politica del figlio unico. “Pensiamo che l'introduzione della politica universale dei due figli era necessaria e altamente sostenibile, e che essa portera' benefici a tutti i settori della societa' cinese”. E finiscono per citare gli “elementi piu' repressivi della politica del figlio unico”, che permettera' alla “stragrande maggioranza delle coppie di avere il numero di figli che desiderano”. Ma lo studio raccomanda l'abbandono puro e semplice del limite delle nascite: “la prossima tappa e' l'abbandono totale delle politiche di controllo delle fertilita', che deve essere preso in considerazione al piu' presto”.
Principali conseguenze positive: il calo degli aborti dovuti alla regolamentazione. Se gli aborti forzati erano divenuti rari dopo gli anni 2000, la possibilita' di avere un secondo figlio gli avrebbe fatti ulteriormente calare. Nel contempo, il riequilibrio tra i sessi dovrebbe essere stimolato positivamente. Anche se la determinazione prenatale del sesso di un bimbo e' stata vietata, degli aborti selettivi erano ricorrenti a causa di una tradizionale preferenza per i maschietti. Il disequilibrio ha riguardato 121 ragazzi per 100 figli nel 2005, per scendere intorno a 116 per 100 del giorno d'oggi, ma la cifra puo' attestarsi su 140 su 100 in alcune zone rurali del centro della Cina.
L'articolo indica che le zone in cui due figli erano autorizzati, essenzialmente per le minoranze etniche, sono state le meno toccate dal disequilibrio. Al contrario, la politica di “un figlio e mezzo” nelle campagne, che autorizzava un secondo figlio se il primo era una femmina, ha senza dubbio evitato degli aborti selettivi, ma ha rafforzato il disequilibrio tra i sessi.
Invecchiamento della popolazione
Pertanto, l'apertura a tutte le coppie della possibilita' di un secondo figlio non dovrebbe essere sufficiente a limitare l'invecchiamento della popolazione. “Nei prossimi venti anni, la politica dei due figli non avra' che un effetto marginale sulla rapida accelerazione dell'invecchiamento della popolazione” Gli oltre 65enni, che oggi rappresentano appena poco piu' del 10% della popolazione, saranno il 18% nel 2030. Un aumento folgorante. …
All'orizzonte del 2050, le persone con piu' di 65 anni dovrebbero superare un quarto della popolazione in Cina, cosi' come e' oggi il Giappone. Se la politica del figlio unico fosse stata continuata, secondo i ricercatori la percentuale sarebbe stata del 29%. In queste condizioni, la Cina avra' bisogno di rafforzare rapidamente le sue infrastrutture per far fronte alla dipendenza, oggi quasi inesistente.
L'aumento del tasso di fecondita' non dovrebbe riprendere, malgrado il rilassamento delle regole. In causa, un sistema intero adattato ad un solo figlio per coppia. Nelle citta' dove l'educazione di un figlio e' costosa, la maggior parte delle coppie non sono pronte ad avere un secondo figlio. Il tasso di fecondita' e' attualmente di 1,24 figli per donna. Dovrebbe aumentare leggermente, ma la migrazione dalle zone rurali, ai tassi di fecondita' piu' importante, verso le citta', dovrebbe avere ancora abbassare il tasso di fecondita' totale del Paese, da 1,88 figli per donna nel 2017, a 1,81 nel 2030. Altrimenti detto, le famiglie “4-2-1”, dove una coppia di figli unici deve sostenere finanziariamente quattro genitori in pensione e un bimbo, hanno delle buone prospettive davanti a loro. Conseguenza, la popolazione in eta' lavorativa, che ha smesso di crescere nel 2010, dovrebbe diminuire drasticamente a partire dalla meta' degli anni 2020. Dopo il 2030, la fine della politica del figlio unico dovrebbe cominciare a farsi sentire, attenuando leggermente la fonte della mano d'opera cinese.

(articolo di Simon Leplâtre, corrispondente da Shangai, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 14/10/2016) 
 
 
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