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Embrioni: almeno negli Usa il dibattito c'e'
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Articolo di Massimo Lensi
20 febbraio 2002 20:43
 
Gli americani sono un popolo strano. Gente orgogliosa, tenacemente ancorata alle proprie origini, ma anche capace di rinnovarsi e di aprire dibattiti, senza tanti e troppi peli sulla lingua su temi tra i piu' spinosi: dalla pena di morte ai grassi superflui, dai diritti umani nel mondo fino anche alla clonazione. Va anche detto che nel Paese piu' odiato del mondo, certe volte sono i sondaggi ad esprimere le linee di iniziativa politica, piu' di qualsiasi approfondita analisi degli specialisti.
A discutere di cellule staminali negli Usa convivono due soggetti speciali: il Consiglio di Bioetica in dote al Presidente George W.Bush, di slancio conservatore e il Comitato dell'Accademia Nazionale delle Scienze, piu' neutrale, apparentato alla grande famiglia dei Campus americani. Mentre il Consiglio si e' recentemente espresso su un assoluto divieto di utilizzo delle cellule staminali, il suo antagonista scientifico pone un problema relativamente alla clonazione riproduttiva. E solo temporaneamente, in attesa di saperne di piu' sull'argomento.
Come sappiamo il Congresso ha gia' discusso e dibattuto, approvando una legge favorevole al Presidente che semplicemente proibisce tutto. Diviso in due tifoserie e' invece il potente Senato. I Democratici guidati dalla vivace senatrice Dianne Feinstein, mirano ad introdurre, bloccando cosi' la legge del Congresso, il bando solo per la clonazione riproduttiva, ricollegandosi ai pareri dell'accademico Comitato. E come per magia dall'altra parte dello stadio si erge la possente voce del senatore Sam Brownback, dell'Elefante, che, ispirandosi alla minaccia del Presidente Bush di porre il veto, punta al divieto di utilizzo delle cellule staminali embrionali. Un dibattito acceso, vivo, senza esclusioni di colpi e di ... sondaggi.
Le elezioni di Autunno si avvicinano e uno degli obiettivi prioritari dei Repubblicani e' la conquista del Senato. Sull'onda della lotta al terrorismo internazionale, della guerra in Afghanistan, Bush non si puo' concedere il lusso dell'oblio della politica nazionale che sa essere fondamentale per la sua rielezione. Ha bisogno oltreche' di mostrare il pugno al mondo e di difendere gli interessi patriottici, anche di mostrarsi come Presidente degli americani; o almeno di coloro che lo hanno votato, direbbero i censori della politica governativa. La risicata vittoria alle presidenziali non da al Presidente grossi spazi di dialogo con i Democratici, pur essendo stati questi ultimi in grado di dimostrargli fedelta' come in occasione dell'attacco alle Twin Towers. E se da una parte il tentativo di assorbire politicamente parte del partito democratico non e' andata in porto, dall'altra Bush necessita di guadagnare punti proprio dall'elettorato di mezzo, indeciso, da coloro cioe' che si esprimeranno tra una manciata di anni sulla sua eventuale rielezione. Il primo test e' dietro l'angolo. A fine anno si votera' per il Senato ed uno dei cavalli di battaglia di Bush sara' proprio la difesa della vita, del diritto di vivere, in qualsiasi forma o luogo essa si presenti. Da Tora Bora al divieto della clonazione e dei trapianti di cellule staminali embrionali. Ultimamente Bush e' riuscito a far passare un programma di assistenza per l'embrione ed il feto. E promette di porre il veto al Senato in caso di approvazione della proposta democratica.
I Democratici dimostrano una certa inquietudine, tanto che la senatrice Mary Landrieu della Luisiana, si e' avvicinata alle posizioni di Browmback sostenendo il bando totale della clonazione umana, compresa quella terapeutica.
Dura la vita del politico americano in preda alla febbre dei sondaggi, specialmente in un Paese con molte latitudini e molte coscienze. Ed ecco quindi che sulla clonazione gli Stati della California, Ohio e Wisconsin mostrano i denti al Governo federale. Il confronto, come e' comprensibile, non e' sulle idee, perche' come diceva Carlo Emilio Gadda "se un'idea e' piu' moderna di un altra e' segno che non sono immortali ne' l'una ne' l'altra". Lo scontro politico e' quindi la necessaria aspirina per la febbre da sondaggio.
Come andra' a finire non e' possibile dirlo, ma qualcosa dal nostro punto di vista la possiamo affermare: almeno negli Usa, gli odiati Usa, dibattito c'e', scontro politico pure e gli americani, per forgiare il sondaggio dovranno pur conoscere le differenze. E c'e' da starne sicuri: le conosceranno!
 
 
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