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Dipendenze droghe, come cambiare da se'
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Articolo di Redazione
15 ottobre 2016 12:23
 
 Harald Klingemann, sociologo, Università di Scienze Applicate, Berna scrive sul self change per la rubrica di Fuoriluogo su il Manifesto del 12 ottobre 2016.
L’auto cambiamento (self change), definito in termini clinici come “remissione spontanea”, è il processo attraverso cui una persona riesce a uscire da una condizione sfavorevole, non voluta, senza un aiuto professionale: può essere l’uscita da una carriera deviante, oppure dalla dipendenza da sostanze. Il motore dell’auto cambiamento consiste nel trovare un nuovo significato nella vita e nel valutare i pro e i contro se smettere o continuare il comportamento auto distruttivo. Il self change non è affatto raro, al contrario è la regola, come dimostrano le persone che smettono di fumare, facendo a meno di una sostanza pur “pesante” come la nicotina. La ricerca documenta l’esistenza della “remissione spontanea” per tutte le droghe, mostrando come i consumatori utilizzino uno straordinario apparato creativo di strategie quotidiane di coping. Gli operatori delle dipendenze potrebbero imparare molto dall’esperienza di chi esce dalla dipendenza da sé.

Ma allora, perché il self change è ignorato dai servizi e pressoché sconosciuto all’opinione pubblica? Perché “si pensa che il mondo sia come lo si vede”: questo motto vale sia per i professionisti che per il pubblico, e spiega il bias nella percezione della realtà, dovuto allo stigma attribuito alla dipendenza. Sappiamo che solo una minoranza delle persone con consumo problematico è in contatto con i servizi, ma gli operatori tendono a generalizzare partendo dalla “punta dell’iceberg”: prendendo i casi più gravi che conoscono dalla loro pratica come rappresentativi della popolazione generale. Collegata a questo, è l’idea che i tossici non siano in grado di prendere decisioni consapevoli e che la addiction sia una malattia progressiva destinata ad aggravarsi sempre più in mancanza di aiuto professionale. Questa rappresentazione diffusa fra gli operatori può essere diagnosticata come “negazione”. Infatti, la tipica uscita dalla dipendenza avviene senza l’aiuto professionale, come indicano gli studi sul self change.

La remissione spontanea non dipende solo dalle capacità delle persone, ma anche da fattori sociali. Che cosa può fare la società per favorire l’auto cambiamento? Per cominciare, una società “amica del self change” elimina le barriere per chi è in cerca di aiuto: la più importante è la non volontà degli operatori di negoziare gli obiettivi del cambiamento e il trattamento con gli utenti, proponendo l’astinenza come obiettivo unico. Eppure, sappiamo che ci sono molte strade che conducono alla addiction, e altrettante per uscirne. Secondo: una società self change friendly cerca di facilitare l’auto cambiamento. Il self change può sembrare un termine individualistico, ma le condizioni del cambiamento, ossia il “capitale di recupero” (sociale e materiale) gioca un ruolo importante ed è distribuito in maniera diseguale. Per alcuni il cambiamento è più facile che per altri, e questi ultimi hanno diritto al trattamento.

Infine, eliminare lo stigma della dipendenza è un fattore cruciale per promuovere l’auto cambiamento. Una società “amica del self change” dovrebbe lanciare campagne alla popolazione per sostenere l’idea che i comportamenti additivi possono cambiare, che il cambiamento è assai comune e merita il sostegno sociale. Una società amica del cambiamento fa sì che le persone che sono uscite da sé dalla dipendenza non debbano più nascondere il loro successo, in previsione dello stigma, del venir meno della fiducia altrui, della perdita del lavoro; al contrario, le spinge a parlare con orgoglio della propria storia, per incoraggiare gli altri sulla stessa strada. 
 
 
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