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Come far coesistere sei miliardi di cittadini nel 2050?
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Articolo di Redazione
24 ottobre 2016 15:58
 
 Dopo quattro giorni di effervescenza, La Casa della cultura equadoregna dovrebbe ritrovare la tranquillita' a cui e' abituata questa veneranda istituzione. Le migliaia di partecipanti invitati a dibattere sul tema della citta' nell'ambito della terza conferenza delle Nazioni Unite sulla casa e lo sviluppo urbano durevole -Hill- sono tutti ritornati a casa.
Tutti avevano in tasca la “Nuova agenzia urbana”, il testo di 175 capitoli e 23 pagine adottato consensualmente dai 193 Stati che erano stati convocati a riflettere sul futuro delle citta'.
Se l'adozione di questa agenda internazionale chiamata “dichiarazione di Quito” non ha sollevato nessun dubbio, dopo che la versione approvata aveva ricevuto l'avvallo dei negoziatori nell'ambito dell'ultima sessione preparatoria, a luglio a Surabaya (Indonesia), resta da vedere come sara' recepito dalla comunita' di coloro che sono i protagonisti delle citta'.
Un'urbanizzazione essenzialmente povera
Come a Vancouver nel 1976, e poi a Istanbul nel 1996, il documento parte dalla constatazione che la crescita urbana non diminuisce a livello planetario. “Di qui al 2050, la popolazione urbana mondiale dovrebbe quasi raddoppiare, facendo dell'urbanizzazione una delle tendenze piu' forti del XXI secolo”, dice la dichiarazione di Quito. Il Pianeta conta tre miliardi di cittadini oggi, che dovrebbero diventare sei miliardi a questa data, con un'espansione urbana particolarmente significativa nell'emisfero sud.
“Habitat III constata che l'urbanizzazione non si e' fermata, ma che al contrario continua ad aumentare e che essa e' essenzialmente povera”, dice Joao Sette Whitaker, segretario alla casa a Sao Paulo, metropoli di 11 milioni di abitanti, 2 dei quali in situazione di grande precarieta'. “La logica dell'urbanizzazione e' una logica di produzione di privilegi, le politiche pubbliche non possono che essere prodotte confrontandosi coi grandi interessi economici”, stima il professor all'Universita' di Sao Paulo, ricordando le tre assi maggiori sviluppate dalla giunta municipale: una offerta di trasporti alternativi all'automobile, uno sforzo di integrazione di tutte le comunita' nella citta', una politica della casa sociale che fa riferimento ai servizi collettivi e su dei programmi di produzione massiccia di habitat sociale.
“Diritto alla citta'”
“Per la prima volta, la conferenza Habitat parla di citta', abbandonato il termine di insediamento umano, osserva l'architetto e ricercatore indiano Mukta Naik. La comunita' internazionale riconosce che il futuro si costruisce nelle citta', ma di quale visione della citta' si tratta?”. “A Delhi, si e' sviluppata una magnifica rete di linee di metropolitana, per esempio, ma le strade pubbliche sono sempre male asfaltate, e le piste ciclabili non sono sufficienti, in considerazione del fatto che il 60% delle persone si sposta per andare al proprio lavoro, dice in dettaglio l'esperto del Centre for Policy Research. La citta' e' un supporto di sviluppo economico a vantaggio dei piu' ricchi, dove invece non dovrebbe piuttosto assicurare condizioni di vita corrette a tutti gli abitanti?”
La questione del “diritto alla citta'” e' uno dei fili rossi della conferenza di Quito. “Non e' piu' un tema tipico dei Paesi boliviani, ammette Maryse Gautier, la vicepresidente francese del comitato preparatorio di Hill. Il movimento mondiale della CGLU (Citta' e governi locali uniti) mette ugualmente sul tavolo questa questione del diritto alla citta'”.
“Non ci sono linee precise d'azione”
Alloggio, trasporto, pianificazione urbana, governance partecipativa, finanza pubblica, accoglienza dei migranti, risposta al cambiamento climatico… la nuova agenda urbana non tralascia nessuna problematica, ma resta “un inventario generico, senza linee d'azione precise, stima Mukta Naik. Habitat III non ha la forza di mobilitazione di COP21”.
Circa 150 capi di governo e di Stato avevano aperto, a fine 2015, la conferenza climatica di Parigi. Solo due presidenti erano presenti, lunedi' 17 ottobre, per lanciare Habitat III, l'equadoregno Rafael Correa e il suo omologo venezuelano, Nicolas Maduro. “Una quindicina di capi di Stato erano invece presenti ad Istanbul per Habitat II”, fa notare un capo-delegazione.
“Nelle decisioni che accompagnavano l'accordo di Parigi sul clima, ci si sforza di puntualizzare il piano d'azione che e' necessario di fronte al riscaldamento climatico, dice Jean-Claude Mbwentchou, ministro dell'habitat e dello sviluppo urbano del Camerun. Il piano d'azione di Quito non ha senso se non si impegnano dei mezzi finanziari per assicurare la sua messa in opera”.
Il finanziamento in questione
Punto di confronto ricorrente nel dibattito Nord-Sud, l'argomento del finanziamento rinvia qualunque capacita' d'azione di ONU-Habitat. Finanziato al 70% dagli Usa e dall'Europa, l'agenzia, con base a Nairobi (Kenya), non ha fatto la prova della sua efficacia e si troverebbe, oggi, in una situazione budegtaria molto degradata. Il finanziamento della nuova agenda urbana dovrebbe passare anche attraverso una riforma che permetta agli eletti locali di indirizzarsi alle istituzioni bilaterali e alle banche multilaterali dello sviluppo, senza fare riferimento alle loro autorita' governative.
Il documento si conclude con diverse raccomandazioni per monitorare gli impegni in tema di urbanistica. “Una guida di valutazione e un seguito della nuova agenda urbana e' assolutamente necessaria, e' un punto sul quale i Paesi africani hanno molto fatto pressione, insiste Jean-Claude Mbwentchou. Questa valutazione non puo' essere fatta tra venti anni, quando ci sara' la prossima conferenza di Habitat”.
Il documento adottato nella capitale equadoregna propone che i forum mondiali urbani (riuniti ogni due anni) e che i bilanci degli obiettivi dello sviluppo durevole, gli ODD (previsti ogni quattro anni), servano come pietre miliari a questa valutazione e intrattengano, secondo Maryse Gautier, questa “nuova vivibilita' della questione urbana” constatata Quito.

(articolo di Simon Roger, inviato speciale a Quito, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 21/10/2016)

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