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Clima. Temperature: nuovo record planetario ad agosto
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Articolo di Redazione
16 settembre 2016 19:52
 
 Con temperature planetarie superiori a 1 grado centigrado rispetto alla media climatologica, misurate sul periodo 1951-1980, i primi otto mesi dell'anno 2016 rappresentano un record. E fanno porre una domanda maggiore rispetto all'accordo di Parigi siglato alla COP-21. E sul senso della ratifica di questo accordo, potenziato da quello di Cina e Usa, che vi hanno gia' aderito.
La questione di 1,5 gradi
In questo accordo, in effetti, i negoziatori hanno introdotto l'idea che un buon obiettivo, per evitare un cambiamento climatico pericoloso per le generazioni future, sarebbe di non oltrepassare i 2 gradi centigradi oltre la temperatura non del periodo 1951/1980 ma rispetto a quello precedente la rivoluzione industriale -quindi intorno al 1750- e anche al di sotto di 1,5 gradi. Al punto che il Giec, il Gruppo di esperti intergovernativi sull'evoluzione del clima, deve fare un rapporto su questo famoso 1,5 entro il 2018.
Durante la Conferenza di Parigi, il gruppo di Paesi piu' vulnerabili ai cambiamenti climatici, in particolare di fronte alla minaccia della crescita del livello dei mari, hanno posto questa condizione come un “sine qua non” per la loro firma di base sull'accordo. E' molto facile comprenderne le ragioni reali. Si tratta, per i Paesi piu' demuniti, i piu' poveri e i piu' vunerabili, di accelerare il momento il cui potrebbero dire “noi siamo colpiti dal cambiamento climatico di cui i principali Paesi industriali son i principali responsabili, quindi abbiamo ora bisogno di voi per porvi rimedio”. Andare oltre un limite di temperatura planetaria puo' rappresentare un modo semplice per far pesare questo momento sul tavolo della trattativa. Ora, se ci si da' un obiettivo da non oltrepassare troppo realistico, questa frontiera sara' raggiunta piu' tardi. Da qui l'insistenza su questa nuova cifra di 1,5 gradi.
L'attesa non durera' molto tempo. Per una semplice ragione: anche se tutta l'Umanita' facesse harakiri domani mattina, il risultato della sua azione passata andra' oltre di 1,5 gradi l'indicatore scelto ( la temperatura ad un metro al di sopra del suolo e la superficie degli oceani) in rapporto al periodo pre-industriale. Perche'? In ragione di due fenomeni quantificati dagli specialisti. Da una parte il potenziale del riscaldamento dei gas ad effetto serra gia' emesso, e' di quasi 0,3 gradi. Dall'altra, se gli uomini sparissero, le loro emissioni di particelle riflettenti non sparirebbero lo stesso, o raffredderebbero l'indicatore di circa 0,3 gradi. Niente puo' quindi evitare al Pianeta di raggiungere questo livello di cambiamento climatico.
Un ottimismo pericoloso
E' quindi curioso sentire regolarmente dei responsabili politici o dei negoziatori dell'accordi di Parigi persistere nel presentare questo obiettivo come se lo stesso fosse verosimilmente ottenibile. Questo nega la scienza del clima per rimpiazzarla con un discorso politico senza fondamento. Gli stessi commettono spesso l'errore, che non e' solo una cattiva traduzione dall'inglese in francese, di parlare di “engagements” (ndr impegni) dei Paesi che firmano e poi ratificano l'Accordo. O anche di insistere sui “vincoli” che esso comporta. Gli Stati hanno detto alla Conferenze dei INDC - Intended nationally determined contribution- che e' piu' esatto tradurlo come se fossero delle “promesse”. Queste promesse portano sull'aspetto principale -tra cui le emissioni di gas ad effetto serra o l'aiuto da portare ai Paesi piu' poveri. Ed essi non si “impegnano”… che e' quello che si crede secondo un celebre adagio di un uomo politico francese poco raccomandabile. Quanto al contrario essi portano verso… la dichiarazione delle emissioni (per esempio).
Tanto per l'obiettivo climatico che per la natura delle “promesse” degli Stati, questa presentazione forza il carattere, e puo' debordare su un ottimismo pericoloso. Se l'Accordo di Parigi e' il migliore che era possibile ottenere nel 2015, sarebbe un errore gravissimo concludere che l'essenziale del cammino verso l'attenuazione del cambiamento climatico in corso sarebbe ad un livello gestibile. Anche se le “promesse” erano tenue, la traiettoria delle emissioni che risulta nel periodo considerato -fino al 2030- ci conduce almeno a 3 gradi in piu' rispetto ai valori preindustriali. E questa prospettiva virtuosa e' poco probabile in merito a delle decisioni prese sia dai governi che dalle imprese e dai consumatori. In oltre, le “promesse” della maggior parte dei Paesi poveri, sono falsamente virtuose poiche' esse sono condizionate da un livello di aiuto tecnologico e finanziario che i Paesi ricchi non hanno assolutamente l'intenzione di accordare loro. Essi sono quindi poco credibili… tendenti soprattutto a non rispettare quando sostengono che l'Etiopia propone di emettere meno gas ad effetto serra per abitante nel 2030 rispetto ad oggi, cio' che gli etiopi non vogliono.

(articolo pubblicato sul quotidiano Le Monde del 16/09/2016)
 
 
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