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Le cellule HeLa. Un libro racconta la vicenda di Henrietta Lacks
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Articolo di Redazione
6 dicembre 2010 17:51
 
La donna piu' importante della medicina nell'ultimo secolo e' Henrietta Lacks, una contadina afroamericana nata in Virginia nel 1920. Quando nel 1951 mori', le sue cellule furono conservate e lo sono tutt'oggi. Non solo, ma si sono moltiplicate cosi' tanto che si stima siano tonnellate sparse per il mondo. Il tessuto e' stato usato per studiare il vaccino della polio, gli effetti della bomba atomica, la fecondazione in vitro ed e' anche stato inviato nello spazio. Henrietta, comunque, non ha mai saputo nulla delle virtu' delle proprie cellule.
La immortalita' di questo tessuto e' alla base di un business, ma i suoi eredi non hanno mai visto un centesimo in merito. E' questo il tema del libro “The immortal life of Henrietta Lacks” pubblicato in Usa dalla giornalista Rebecca Skloot dopo 10 anni di indagini.
Henrietta, una lavoratrice delle piantagioni di tabacco della citta' di Clover, fu ricoverata nell'ospedale di Baltimora a soli 31 anni a causa di un cancro al collo dell'utero che avanzava rapidamente. Per fare le analisi le fu estratto del tessuto malato. Il dr George Gey, pero', si accorse che queste cellule avevano qualcosa di speciale: non ne moriva nessuna. Non solo, si riproducevano, sempre identiche a se stesse.
Gli scienziati non vollero perdere questa opportunita'. Prima di usare animali o persone, i ricercatori sperimentarono farmaci con cellule. I tessuti normali invecchiano rapidamente ma, al contrario, le cellule HeLa (dalle iniziali della sua proprietaria) non muoiono. “HeLa e' la linea cellulare piu' studiata al mondo”, dice Manel Esteller, dell'Istituto d'Indagine Biomedica di Bellvitge (Idibell). Grazie a HeLa, gli scienziati dispongono di una base comune per fare esperimenti in tutto il mondo. Non solo per studiare la reazione ai farmaci, ma anche per indagare sui meccanismi base della vita.
“Si puo' modificare il proprio genoma o vedere come cambia la manifestazione delle proteine”, dice Genna Marfany, dell'Universita' di Barcelona. “Molto di cio' che conosciamo sull'espressione genica si deve agli estratti delle cellule di HeLa”, dice Juan Valcarcel del Centro di Regolazione Genomica (CRG). Nonostante siano cancerogene, molti dei suoi meccanismi sono identici a quelli normali. Oggi esistono altre linee cellulari resistenti, ma le HeLa non perdono il loro predominio. “Sono cellule di battaglia, ideali per gli esperimenti”, dice Carmen Caelles, dell'Istituto di Ricerca Biomedica (IRB).
L'immortalita' delle cellule HeLa e' radicata giustamente nella malattia. “Le cellule cancerogene perdono o spengono i geni che fermano la divisione cellulare”, dice Marfany. Al momento e' impossibile ottenere questa immortalita' senza effetti fatali per l'organismo. “Se non verranno posti freni, nel futuro potremo apprendere questi meccanismi per bloccare l'invecchiamento””, aggiunge Valcarcel.
La famiglia di Henrietta, che vive nella periferia di Baltimora non ha saputo nulla di questa risorsa fino agli anni '70. “E' probabile che non avrebbero dato il consenso, ma in proposito gli standard etici non erano definiti come attualmente, che occorrerebbe il consenso del paziente, trasmettendo poi il tutto al chirurgo.
Deborah, una delle cinque figlie di Henrietta, ha accolto la notizia in modo traumatico. Durante gli anni ha creduto che gli esprimenti provocassero dolore a sua madre che era nella vita eterna e che un giorno si sarebbe incontrata con un clone di sua madre. La tradizione orale afroamericana e' piena di leggende di medici che fanno esperimenti con pazienti negri in ragione dell'infame esperimento di Tuskegee, nel quale si pretendeva di curare la sifilide degli uomini di questa razza per studiare la malattia. I figli si sono indignati del fatto che un'industria multimilionaria lucra sulle cellule della propria madre mentre loro non si possono permettere un'assicurazione sulla malattia. Rebecca Skloot ha creato una fondazione per provvedere alle esigenze base di questa famiglia.

(articolo di Michele Catanzaro, pubblicato il 06/12/2010 su Elperiodico.com)

 
 
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