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Il cambiamento climatico rende fragili un miliardo di lavoratori
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Articolo di Redazione
1 maggio 2016 15:43
 
“Nell'ambito di una manifestazione nelle strade di Hyderabd, in India, ho evidenziato la elevata temperatura, piu' di 40 gradi, e un militante mi ha fatto notare che invece era a piu' di 50, lui stesso ha visto un uccello cascare mentre volava. Io gli ho domandato se questo lo turbava e mi ha risposto: 'No, io non volo'.”. La storia raccontata da Philip Jennings, segretario generale dell'UNI Global Union, federazione sindacale internazionale del settore dei servizi, e' sintomatica.
L'aumento della temperatura dovuto al cambiamento climatico tocca il mondo del lavoro, ma la presa in considerazione del fenomeno e' piuttosto recente. Ore perse dovute al forte caldo, incidenti, malattie, produttivita' dimezzata, perdita di lavoro e migrazioni, la lista delle conseguenze e' lunga.
Nei giorni precedenti alla giornata internazionale del lavoro del 1 Maggio, diverse agenzie dell'Onu e organizzazioni internazionali (tra cui l'Organizzazione internazionale del lavoro, l'Organizzazione mondiale della Sanita', l'Organizzazione internazionale per le migrazioni o la Confederazione sindacale internazionale) hanno messo insieme i propri approcci per pubblicare un rapporto, giovedi' 28 aprile, “Cambiamento climatico e lavoro: impatto del caldo sui luoghi di lavoro”.
”I piu' poveri pagano il prezzo piu' alto”
La sfida era “di abbattere le barriere, di trovare delle soluzioni possibili per un problema che concerne nel medesimo tempo il clima, l'ambiente, lo sviluppo economico e i problemi sociali”, dice Elise Buckle, del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, che ha dato vita a questo studio con un Forum dove sono stati chiamati i Paesi piu' vulnerabili.
Secondo questo rapporto, ispirato dai lavori del Gruppo di esperti intergovernativo sull'evoluzione del clima (GIEC), la perdita di produttivita' legata all'aumento della temperatura potrebbe costare molto piu' di 1.800 miliardi di euro da qui al 2030. Questo termometro alto, al di sopra dei 35 gradi, e' un problema maggiore per circa un miliardo di lavoratori, in Asia, in Africa e in America Latina, cioe' un terzo del numero complessivo dei lavoratori di tutto il mondo. “Sono i piu' poveri che pagano il prezzo piu' alto, essi sono letteralmente piazzati sotto la griglia lavorando all'esterno o all'interno senza climatizzatori”, spiega Philip Jennings. Ed essi devono fare una scelta difficile: mettere la loro vita in pericolo essendo esposti ai colpi di calore e ad una grave disidratazione, o rischiare di perdere il proprio lavoro e il reddito per la propria famiglia”.
Perdite di ore per motivi di calore eccessivo
Le persone che lavorano all'esterno sono le piu' vulnerabili, come in agricoltura, dove le donne sono particolarmente esposte, e l'edilizia. Ma anche nelle confezioni o nell'industria, nei Paesi dove le condizioni di lavoro sono lontane dall'essere decenti. “Prendere trenta minuti di pausa per riprendersi in un luogo fresco, reidratarsi, non accade spesso in Paesi come il Bangladesh, l'India, il Pakistan -dice Buckle-. Salvo, casi piuttosto rari, se i sindacati sono presenti e prendono accordi coi datori di lavoro”.
Secondo lei, in assenza di negoziazioni, i governi devono proporre delle regolamentazioni che prendano in considerazione le nuove condizioni. Il Burkina Faso, il Niger e il Ciad hanno gia' approvato dei decreti che stabiliscono, nel settore pubblico, una giornata continua di 8 ore fino alle 15,30.
Jennings cita l'esempio del Qatar e della Coppa del mondo di calcio del 2022. “I calciatori hanno rifiutato di giocare in estate perche' la temperatura va oltre i 50 gradi, per cui le partite si svolgeranno d'inverno. Ma quanti salariati possono permettersi di imporre un tale cambiamento?”.
Se non viene fatto niente, scrivono gli autori del rapporto, le perdite di ore per motivi di caldo eccessivo diventeranno importanti. Diversi scenari sono stati studiati, secondo cui il riscaldamento potrebbe essere tra 1,5 o 2,4, fino a 4 gradi. In India, queste tre ipotesi si tradurrebbero, verso il 2085, con delle perdite del 4,3% di ore; in Nigeria, 2,6%, 5,2% e 13,8%. i Paesi nordici o temperati non saranno toccati con queste alte percentuali.
L'erosione costiera minaccia il lavoro
Ma il cambiamenti climatico non si manifesta solo con delle forti calure. La crescita del livello delle acque minaccia anche l'economia e le condizioni di lavoro. Il senegalese Moustapha Kamal Gueye e' specialista di lavoro all'OIT. Egli fa notare le conseguenze di questa deregolamentazione climatica. “Il 30% degli alberghi nella zona turistica balneare di Salym a sud di Dakar, ha dovuto chiudere a causa dell'erosione delle coste. Questo significa lavori persi, visto che il turismo e' il secondo introito dell'economia del Paese”.
Per lui, come per l'insieme delle organizzazioni che hanno lavorato su questo rapporto, la presa di coscienza e' urgente. “Bisogna essere piu' esigenti, riconsiderare le condizioni di lavoro, gli orari, i tempi di pausa, le tenute…. E soprattutto incoraggiare la riorientazione dell'economia per restare molto al di sotto di 2 gradi di riscaldamento”, insiste Philip Jennings.

(articolo di Rémi Barroux, pubblicato sul quotidiano le Monde del 29/04/2016) 
 
 
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