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L'attivazione di cellule staminali endogene: una possibile terapia per le malattie neurodegenerative?
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Articolo di Matteo Caleo
20 marzo 2002 21:51
 
Le patologie neurodegenerative, come la malattia di Parkinson o la malattia di Alzheimer, colpiscono selettivamente alcuni centri cerebrali e conducono alla progressiva morte dei neuroni localizzati in queste aree, con conseguente perdita di funzioni specifiche. Una serie di studi apparsi recentemente nella letteratura scientifica ha iniziato a valutare la possibilita' di rimpiazzare i neuroni degenerati tramite l'attivazione delle cellule staminali residenti nel cervello adulto. Questo approccio si basa su diverse linee di dati sperimentali. In primo luogo, la presenza di cellule staminali pluripotenti e' stata ripetutamente dimostrata in specifici distretti del cervello di mammiferi adulti (in particolare nei roditori). Queste cellule staminali endogene sono capaci di generare nuovi neuroni. In particolare, e' stato dimostrato dal gruppo di J. D. Macklis (Boston, Massachusetts) che il cervello adulto reagisce ad un danno innescando processi di riparazione basati sulla mobilizzazione delle cellule staminali endogene. I ricercatori hanno indotto nei topi la degenerazione selettiva di neuroni localizzati in una ristretta area della corteccia cerebrale ed hanno osservato che, in modo assolutamente spontaneo, nuovi neuroni venivano generati e migravano nella zona danneggiata. Questi neuroni sembravano letteralmente rimpiazzare le cellule morte; per esempio, alcuni di essi stabilivano contatti con le aree a cui erano collegati i neuroni degenerati. La conclusione di questi studi e' che il cervello adulto e' capace di attivare cellule staminali o precursori endogeni per produrre nuovi neuroni che possano prendere il posto di quelli persi a seguito di un processo degenerativo. Probabilmente, tuttavia, il ridottissimo numero di cellule staminali residenti nell'encefalo rende irrilevante il processo endogeno di riparazione in condizioni normali. Sarebbe necessario, quindi, potenziare questo processo endogeno e cioe' moltiplicare le cellule staminali residenti, aumentando di conseguenza anche il numero di neuroni neo-generati. Per fare questo si richiede di identificare i segnali molecolari capaci di indurre la proliferazione delle cellule staminali endogene. Studi in coltura hanno chiarito che le cellule staminali dell'encefalo adulto proliferano in presenza di due fattori, l'EGF (epidermal growth factor) e l'FGF-2 (fibroblast growth factor-2). Un aumento della proliferazione delle cellule staminali puo' essere indotto da questi fattori anche in vivo? Studi condotti su ratti e topi indicano che la risposta a questa domanda e' si'. Ad esempio, il gruppo di F. H. Gage (La Jolla, California) ha riportato i risultati di esperimenti in cui l'EGF e l'FGF venivano iniettati nel liquido cefalo-rachidiano di roditori adulti. Si osservava una chiara espansione delle popolazioni di cellule staminali e precursori neuronali presenti nel cervello degli animali iniettati. Un'altra molecola, il BDNF (brain derived neurotrophic factor) quando somministrata a ratti in vivo aumenta la proliferazione delle cellule staminali neurali. In seguito al trattamento con BDNF si osservava inoltre la genesi di nuovi neuroni in vari distretti cerebrali. Sembrerebbe quindi possibile amplificare il numero di cellule staminali e precursori neuronali endogeni con appropriati trattamenti farmacologici. A tutt'oggi non sono stati riportati gli effetti di questa amplificazione delle cellule staminali in modelli animali di neurodegenerazione. Tali dati fornirebbero una prima indicazione per valutare l'efficacia di questo approccio terapeutico, che suscita grande interesse ma sulla cui fattibilita' e' allo stato attuale assolutamente prematuro pronunciarsi. Un problema da risolvere a livello clinico sarebbe sicuramente costituito, ad esempio, dalla modalita' di somministrazione dei fattori di proliferazione. Nessuno di essi infatti raggiunge il cervello se somministrato per via sistemica. In ogni caso, i risultati ottenuti finora incoraggiano a proseguire su questa strada per giungere ad una terapia delle malattie neurodegenerative del sistema nervoso centrale.
 
 
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